La testimonianza di Evelyn Vieira: Evelyn Vieira | Sabato sera, 2 maggio, è una serata di pioggia e per niente primaverile fuori da Gran teatro Geox di Padova, eppure il parcheggio è pieno e la gente fa la fila davanti all'entrata. Caetano Veloso e la sua banca Cè dopo alcuni anni nuovamente in turneè nel nostro paese fanno il tutto esaurito per l'album abraçaço del 2013. Due passi nel parcheggio, tra le pozzanghere e sotto una ormai finissima pioggia, una fila silenziosa di gente si avvia verso l'ingresso, niente di nuovo, anzi tutto molto tranquillo. Molti brasiliani in attesa di ascoltare un mito di tempi lontani e molti italiani che vogliono ricordare il Tenco d'oltremare. Si entra verso le platee, il sipario è tirato, la scenografia molto elementare, elegante ed anche un po' austera, come l'arredamento bohemien di una cantina di Parigi, bastata su tele, cavalletti e dipinti ad olio. Giusto il tempo per le maschere di sistemare frettolosamente le ultime persone e, con una puntualità che ormai è dote di pochi artisti, le luci in sala vanno giù e partono le teste mobili illuminando l'ingresso in scena della banda. Caetano Veloso entra in luce, camicia bianca, pantaloni in pelle nera e un look intellettuale, prende posizione di fronte al gelato mettendosi al collo la chitarra bianca. Nella penombra si posiziona la banda Cè, nell'ordine Pedro Sa alle chitarre, Marcello Callado alla batteria, Ricardo Dias Gomes al basso elettrico. Tre ragazzini irriverenti che a malapena in tre fanno gli anni di Veloso. Ne un saluto ne altro, solo un cenno e parte il sound che non ti aspetti. Dal bossa nova, alla musica tropical ci troviamo in pieni anni settanta. Le corde scandiscono ritmi psichedelici e la voce di Veloso si esibisce in una performance tecnicamente impressionante passando da tonalità calde a vocalizzi vezzosi da jazzista consumato. La sala è in fermento, i piedi sotto le sedie rullano e le mani battono senza sosta. Ogni pezzo, sia nuovo che vecchio successo viene arrangiato come ti aspetteresti da Carlos Santana. Caetano Veloso non si è ringiovanito, ha fatto un salto indietro nel tempo ricominciando dai suoi anni dell'esilio londinese del'69 con la consapevolezza di chi ha ormai fatto suo il talento e lo ha sublimato nell'arte. La banda si presenta con un look che ricorda molto i Doors. Pantaloni stretti a Zampa d'elefante, riccioloni inguardabili, occhialoni a goccia e barbe incolte. Il sound è però impressionante, le chitarre ed il basso guidano ritmi sudamericani attraverso sonorità psichedeliche creando un'armonia che entusiasma il pubblico in sala che è comunque sorpreso. Le percussioni rimangono protagoniste in secondo piano celando samba, axè e bossa nova. Non ci sono pause, solo pochi secondi per frasi di cortesia e sorrisi affascinanti. Il concerto va avanti senza pause nonostante i numerosi applausi a scena aperta. L'energia in sala è piena e vibrante, chi conosce le canzoni canta, chi non le conosce batte le mani e rulla i piedi, chi non ne ha voglia si alza e balla. In sala pochi nostalgici, delusi, seduti silenziosamente in un angolo rimpiangendo il tempo che non torna più perché Caetano è andato avanti e loro sono rimasti a Piccola Ketty. Comunque non disturbano la gente felice. D'improvviso saluta ed esce. Pubblico muto in sala. Poi partono i battiti di mani e le grida per farlo rientrare. La star si fa attendere quasi cinque minuti ed al rientro regala un grande sorriso, indossa nuovamente la chitarra e ci dedica una versione d'altri tempi di una nostra canzone ormai ridotta a jingle pubblicitario, “Come prima”. “Come prima, più di prima t'amerò. Per la vita la mia vita ti darò. Sembra un sogno rivederti, accarezzarti, le tue mani fra le mani stringere ancor. Il mio mondo, tutto il mondo sei per me, a nessuno voglio bene come a te. Ogni giorno, ogni istante, dolcemente ti dirò: «Come prima, più di prima t'amerò»”. Parole semplici, troppo semplici per i nostri cuori impietriti, parole belle, troppo belle per passare inosservate ad un artista con un cuore immenso ed una voce meravigliosa. Poi samba, la gente in pista a ballare ed un assedio sotto il palco. Veloce ringraziamento ai ragazzi della banda, giro di inchini, strette di mani allungate, piccolo streep tease e con l'ennesimo splendido sorriso se ne va lasciando la sala piena del ricordo della sua musica. Un artista immenso, maturo, innovativo e sorprendente. Ormai libero da vizi e lotte politiche ha scelto di dare il meglio di se nella musica e solo in quella. |