Joao da Cruz e Sousa
25 novembre 1861, Florianopolis
19 marzo 1898, Antonio Carlos
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Tristeza do Infinito Anda em mim, soturnamente, | Tristezza dell’Infinito Vaga in me, silenziosamente, una tristezza oziosa, senza obbiettivo, latente, vaga, indecisa, paurosa. Come un uccello sinistro e senza rotta, dondola, vaga, oscilla e sale in nuvole di fumo e nella mia anima trova asilo. Una tristezza nella quale, muto, resto a meditare e a meditare, per tutto ed ovunque sognando. Tristezza di non so dove, di non so quando nè come… fiore mortale, che dentro nasconde semi di un magico pomo. Di quest’incerte tristezze, sparse, indefinite… come anime vuote, deserte nella rotta eterna delle vite. Tristezza senza una vigorosa causa, diversa da altre tristezze, nè della vita nè della morte generata nelle correnti… Tristezza di altri spazi, di altri cieli, di altre sfere, di altri limpidi abbracci, di altre caste primavere. Di queste tristezza che vagano come voluttà tanto oscure che allagano le nostre anime di strane melanconie. Di queste tristezze senza fondo, senza origine a lunga durata, senza saudade di questo mondo, senza notte, senza alba. Che iniziano nel sogno e finiscono nella Realtà, tramite il mare triste di questa assurda Immensità. Una certa tristezza indicibile, astratta, come se fosse la grande anima del Sensibile ferita, mistica, dolce. Ah! Tristezza imponderabile, abisso, mistero afflitto, torturante, formidabile… ah! Tristezza d’infinito |
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*traduzione non ufficiale